SHIBARI
"A Noi : perchè ci vogliono due capi di una corda per fare un nodo"
-Beatrice Gigliuto da "bondage:l'arte italiana di legare-
Lo shibari (o bondage giapponese) è un'arte che affonda le sue radici nella tradizione nipponica più antica. Le informazioni riguardo questa pratica sono di difficile reperibilità ma grazie ad appassionati sempre più numerosi, lentamente si è riusciti a far luce sulla storia di questa meravigliosa tecnica; la quale affiorando sempre più, sta trovando il suo meritato spazio nell'espressione di artisti contemporanei come Araki, Hikari Kesho e Garth Knight . Recentemente a Roma è stata persino istituita una scuola che insegna sicurezza e tecniche ai nuovi deshi (apprendisti).
"Come l'Ikebana, che contempla, incorpora e rappresenta il movimento delle stagioni, il bondage giapponese contempla, incorpora e rappresenta il movimento del desiderio"
-Midori-
I primi dati certi che collegano la stretta relazione fra Giappone e corde risale al periodo Jomon, (dal 10.000 a.C. al 300 a.C) letteralmente "disegno di corda" che deriva dalle caratteristiche terrecotte decorate con motivi tracciati per mezzo di funicelle. Ma troviamo le corde anche nelle cerimonie religiose, le quali simboleggiano la connessione fra umano e divino. Negli indumenti: il caratteristico Kimono si chiude avvolgendo ritualmente intorno alla vita lunghe fasce (obi), persino le armature consistevano in numerosi tasselli di legno laccato elegantemente legati insieme. I doni allora come oggi, andavano avvolti e legati con ricercatezza. Pensiamo alla tradizione di avvolgere gli oggetti in graziosi panni quadrati (furoshiki), alle elaborate ed eleganti legature di spago sui pacchi (mizuhiki). Nella cultura giapponese, consegnare un dono che ha richiesto tanta attenzione è segno di rispetto.
Vaso periodo Jomon
mizuhiki
Anche le tecniche di combattimento non sono state esonerate : arti marziali e di incarcerazione hanno fatto proprio l'utilizzo della corde. Durante i "secoli bui" (1467-1600) infatti, la pace venne meno e si assistette a brutali conflitti che fecero sviluppare tecniche di cattura che permettessero di interrogare i prigionieri. Quello che oggi conosciamo come hojo-jutsu consisteva in ricercate tecniche di immobilizzazione, nacquero vere e proprie scuole altamente codificate. Gli intrecci e i colori erano indicatori del rango del prigioniero, il tipo di reato, la stagione etc.
Le attuali pratiche di immobilizzazione erotica con le corde (o shibari) hanno avuto origine in questo periodo.
Il motivo per cui le corde ebbero largo impiego si trova nell'organizzazione economica del paese. La bassa disponibilità delle risorse preferì destinare il poco terreno coltivabile alle risaie piuttosto che all'allevamento, rendendo il cuoio un materiale poco reperibile. l'uso del metallo non fu possibile su larga scala a causa di analoghi problemi legati alla tecnologia. Fu impiegato nel medioevo per la fabbricazione di ricercate spade, (katane) ma non per la fabbricazione di comuni catene. I materiali per produrre cordame invece erano convenienti ed abbondanti.
-Seiu Ito-
autore delle prime immagini erotiche tratte dal teatro kabuki
Durante il periodo Edo (1600-1868) il più florido che il Giappone ricordi, si ristabilì la pace. La prosperità senza precedenti che ne derivò permise alla classe media un'ascesa notevole. L'agiatezza fece aumentare la richiesta di svaghi e gratificazioni che furono soddisfatte anche con l'incremento di uno degli intrattenimenti più rinomati dell'epoca : il teatro Kabuki. Era un teatro popolare che inscenava anche sesso (nureba) e atti di tortura (semega). Inizialmente erano artisti di strada, uomini che si travestivano da donne; poi furono soppiantati dalla figura della Geisha che presto prese piede e sostituì questi ultimi; Inizialmente con l'espansione dei quartieri del piacere e poi elevandosi sempre più a sopraffine intrattenitrici, figlie dell'arte. Insieme ad esse lo stesso teatro divenne sinonimo di eleganza e ricercatezza. Da questi umili esordi nacque l'arte dell'Ukiyoe o "immagini del mondo in sospensione" che ispirarono grandi artisti erotici come Seiu Ito, considerato il primo "maestro semega". Così lo shibari entrò nel magico mondo di Yoshiwara, il quartiere delle Geishe che ne fecero un'arte erotica da proporre ai loro clienti o damna.
"Prendete l'ingrediente naturale, applicatevi l'interpretazione dell'artista nel sublimare le forme della natura... Il risultato sarà un omaggio simbolico all'equilibrio e alla grazia delle forze naturali"
-Midori-
Dopo la seconda guerra mondiale vi fu un'altro periodo florido, dove nuovamente l'agiatezza permise il proliferare di piaceri e svaghi. All'inizio degli anni 50 riviste illustrate, club di fotografia e locali riproposero esibizioni di shibari, nei quali i maestri di corde (nawashi) inscenavano straordinare legature e sospensioni dotate di un'intensa energia teatrale.
Gli anni 60 smorzarono l'entusiasmo di queste pratiche con un'ondata di moralismo che relegò queste pratiche nella scena "underground", solo per riaffiorare nuovamente negli anni 70 in un clima sociale più permissivo.
Oggi nonostante sia una pratica ancora considerata di nicchia, lo shibari vede grande rivalutazione in ambito artistico e privato.
NYOTAIMORI
La leggenda dice che in Giappone, al tempo dello shõgun imperiale, nell’era felice e dorata denominata Edo, le donne più belle del Sol Levante venivano selezionate per la pratica del Nyotaimori (ornamento del corpo femminile). Una pratica dolcemente accattivante che consisteva, per i dignitari di corte, nel degustare i piatti tipici del paese, sashimi e sushi, sul corpo nudo di una donna. Le fragranze di quei cibi venivano così esaltate dal leggero riscaldarsi delle pietanze al calore di quei corpi.
La donna dapprima veniva a lungo addestrata a ritrovarsi sdraiata immobile per tante ore, quante erano necessarie in quello speciale banchetto per pochi fortunati. Veniva successivamente preparata, attraverso procedure molto particolari, a sostenere impassibilmente l'esposizione prolungata all'alimento freddo sul corpo. Un'accurata depilazione poi regalava purezza al bianco corpo della geisha. Subito prima del servizio, la donna si concedeva un lungo bagno con un sapone neutro speciale per poi rapidamente passare a una doccia fredda che più per raffreddare il suo corpo serviva piuttosto per le pietanze che di lì a poco il suo corpo doveva servire.
Per centinaia di anni il Nyotaimori è stato praticato come forma d'arte culinaria soltanto per l'elite della società giapponese. Negli anni più recenti, poi, la pratica di questo pasto straordinario, leggendario ed esotico ha iniziato a diffondersi in Giappone diventando una recente tradizione urbana. Dal Giappone si è esteso nel mondo.
"La cucina giapponese non è qualcosa che si mangia, ma qualcosa che si guarda."
Jun'ichirō Tanizaki, Libro d'ombra
La cucina giapponese: filosofia e tradizione
La cucina giapponese rappresenta un'esperienza unica nel suo genere in grado di coinvolgere profondamente a vari livelli: non solo il gusto, ma anche la sensibilità estetica viene piacevolmente solleticata, non a caso la ricerca della perfezione estetica è ancora molto sentita da questo popolo.
L'armonia dei colori, la bellezza impeccabile della presentazione e l'equilibrio degli accostamenti hanno la capacità di stuzzicare l'appetito e amplificare le aspettative sensoriali.
Un piatto è buono anche perchè è bello a vedersi, bellezza significa cura dei particolari, anche per quanto concerne la scelta delle stoviglie e la loro curata disposizione, tutto questo ci avvicina alla concezione tipicamente buddista di un vero e proprio rito antico. Alla filosofia in questione sono infatti riconducibili il forte legame con la natura e la ricerca continua di armonia. Seguire il ritmo delle stagioni nell'utilizzo degli ingredienti, consumarli crudi o poco cotti in modo che conservino le loro caratteristiche naturali nella forma e nel gusto: i sapori infatti, si devono armonizzare mantenendo ciascuno la propria essenza, senza confondersi.
sushi e sashimi: un'arte millenaria
La parola "sushi" fa riferimento al riso aromatizzato all'aceto che ne è la base. Associato poi a pesce, crostacei, verdure e frittate volti a comporre bocconi abilmente modellati e avvolti in alga nori, ma sushi può anche essere composto in ciotole, o pressato in una speciale stuoina detta makisu.
Le sue origini sono incerte, si pensa sia stato portato dai monaci buddisti tornati dalla Cina nel VII secolo d.C.
Doveva essere simile al sushi quella preparazione che comparve in Giappone con l'introduzione della coltivazione del riso, intorno al IV secolo a.C. variante di un antico metodo per conservare il pesce (la carpa era il più utilizzato). Il pesce crudo veniva disposto a strati alternati di sale e riso e tenuto pressato per qualche settimana; poi lasciato a fermentare per mesi. Chiamato naresushi è caratterizzato da un gusto molto forte, ancora molto apprezzato nella zona di Tokyo. Poi si cominciò ad aggiungere l'aceto al riso per facilitarne la fermentazione e abbreviare i tempi. Fu solo nel 1820 che a Edo (odierna Tokyo) comparve una ricetta molto simile al sushi che conosciamo oggi: il nighirisushi, preparato velocemente a mano e per strada, nei banchetti ambulanti che furono in uso fino alla seconda guerra mondiale, periodo in cui vennero soppiantati da quelli fissi. Ogni banco esponeva una tenda bianca sulla quale i clienti si pulivano le mani dopo aver mangiato: la tenda più sporca indicava il rivenditore più capace e quindi bravo nella preparazione. Da allora il sushi si è diffuso in tutto il mondo, incontrando grande favore. Gli ingredienti del sushi moderno sono innumerevoli e la gamma si è ampliata per necessità di sostituire ingredienti non reperibili fuori dal Giappone, a questo si è aggiunta la creatività degli chef di tutto il mondo dando vita a un sushi "fusion" oggi particolarmente apprezzato.
Uguale seguito ha ottenuto il sashimi, pesce crudo freschissimo tagliato a fettine molto sottili, consumato con salsa di soia, wasabi e fettine di zenzero marinato.
Esotico e decorativo si è ritagliato un meritato posto d'èlite nei buffet più alla moda, una vera e propria opera d'arte quando viene presentato a forma di rosa o intagliato a creare paesaggi raffinati.
Il sashimi compare in Giappone in epoca Nara (710-794), ad opera dello chef imperiale che utilizzava solo pesci di acqua dolce: fondamentali sono la freschezza e l'abilità del taglio che influisce sulla consistenza e sul sapore del prodotto finale.
maestro di sushi
Volontà, disciplina, autocontrollo e forte personalità sono le doti richieste per intraprendere questa onorevole professione. Chiunque desideri affrontarlo deve prevedere di affrontare un lungo apprendistato: 4 anni prima di poter toccare un coltello e 10 prima di essere riconosciuto come chef.
Durante i primi due anni un apprendista può soltanto osservare il suo maestro mentre svolge più umili mansioni (pulire i pavimenti, lavapiatti). In seguito gli verrà insegnata la tecnica della preparazione del riso, potrà quindi preparare i maki, e solo dopo 4 anni sarà iniziato all'arte del taglio e della composizione dei sushi. In questo periodo imparerà anche ad acquistare il pesce al mercato, cosa che richiede molta esperienza. Chi arriva in fondo e completa questo duro percorso è degno di molta considerazione e rispetto. Tradizionalmente è una professione maschile: si riteneva che le mani delle donne, avendo una temperatura più alta, rovinassero il pesce durante la manipolazione.
Sushi bar : il palcoscenico degli chef
Il modo migliore per cogliere l'essenza di questa professione è assistere a un'esibizione degna di una performance teatrale. Entrando in un sushi bar degno di questo nome si troverà un atmosfera calda ed accogliente. Un bancone diventerà il vostro tavolo dove al centro troverete lo chef che con squisita cortesia cercherà di assecondare ogni vostro desiderio.
YUKIO MISHIMA
« La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre »
Pseudonimo di Kimitake Hiraoka, nato a Tokyo nel 1925, morto suicida nel 1970. E' stato uno scrittore, drammaturgo, saggista e poeta giapponese, che ebbe notorietà anche come attore, regista cinematografico, artista marziale, patriota e paramilitare.
Mishima riscosse immediato successo anche all'estero, le sue opere furono tradotte in numerose lingue, le sue opere spaziano dal romanzo (stile classico-romantico) alle opere teatrali (kabuki e No tradotti in chiave moderna).
Fu grazie alla nonna che Mishima si avvicinò alla letteratura classica e al teatro: Essa infatti, reduce da un matrimonio infelice, decise di assumersi tutta la responsabilità della sua educazione, riversando un affetto ossessivo sul piccolo Kimitake: usurpando il ruolo della madre. Ella diventerà una figura importantissima nello sviluppo del carattere del giovane Mishima. Riuscì a fuggire aiutato dalla madre solo nel 1934 approfittando della senilità ormai limitante della donna. Queste ed altre esperienze dell'infanzia e dell'adolescenza sono riportate nel romanzo Confessioni di una maschera del 1949, autoanalisi approfondita della sua vita fino a quel momento, in cui già si trovano tematiche e argomenti che saranno presenti in tutta la produzione dell'autore.
Dal 1931 aveva intrapreso gli studi al Gakushūin, la scuola dei Pari, sotto spinta della nonna. Gli alunni di questa scuola non facevano necessariamente parte dell'aristocrazia, anche se chi non lo era veniva considerato un "outsider". Gli studenti erano incoraggiati a diventare soldati più che poeti, ma Mishima era interessato più alle attività del club letterario. Nel 1941 finisce di scrivere il suo primo lavoro in prosa di una certa importanza, Hanazakari no Mori (La foresta in fiore): fortemente influenzato dalla scuola romantica giapponese. Lo stile classico farà sì che venga notato dal professore di lettere Shimizu Fumio, sarà lui a far pubblicare il racconto sulla rivista Bungei Bunka, proprio in quest'occasione venne scelto lo pseudonimo "Mishima Yukio". Nel 1944, Hanazakari no Mori (la foresta in fiore) verrà pubblicato in forma di libro, insieme ad altri racconti: il suo successo farà conoscere per la prima volta il nome dello scrittore al grande pubblico.
Nel 1948 entra a far parte della rivista letteraria Kindai Bungaku, legata ad ambienti di sinistra. Mishima nei suoi romanzi cercò generalmente di evitare qualsiasi riferimento alla politica che non fosse strettamente descrittivo, si pensa entrò a farne parte per ampliare le sue conoscenze fra gli intellettuali dell'epoca.
Nel 1951 visita come corrispondente la Grecia ed altri paesi europei, l'estetica classica riesce a impressionarlo profondamente: l'ispirazione troverà forma in Shiosai '45 (La voce delle onde) e segnerà l'inizio di una nuova vita per Mishima ispirata al culto del corpo: dal 1955 inizia a dedicarsi al culturismo, seguito dalla pratica delle arti marziali (Kendō).
Mishima si sposa nel 1958 con Yoko Sugiyama, sembra più per compiacere la famiglia, infatti il suo orientamento sessuale resta controverso. Varie persone sostennero di avere avuto relazioni di tipo omosessuale con Mishima; tra queste lo scrittore Jiro Fukushima il quale, in un suo libro, riportò stralci abbastanza espliciti della corrispondenza che tenne con il famoso romanziere.
Conservatore Decadente, egli si autodefiniva apolitico e antipolitico. Tra i suoi più importanti ideali troviamo il patriottismo e il culto per l'Imperatore visto non come personaggio reale, ma come ideale astratto e/o semidivino: l'incarnazione dell'essenza del Giappone tradizionale. Mishima fu anche fondatore di una organizzazione paramilitare, chiamata Tate no kai ("Associazione degli scudi"), che rifiutava il Trattato di San Francisco del 1951, grazie al quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere un esercito, affidando la propria difesa agli Stati Uniti. Egli insistette spesso sulla funzione simbolica del suo esercito, composto da 100 giovani selezionati dallo scrittore stesso, inteso come esercito di salvaguardia dello spirito tradizionale giapponese e difensore dell'Imperatore.
Da sempre ossessionato dall'idea della morte, decide di unire questo disagio esistenziale al suo ideale politico di patriottismo tradizionalista. Il 25 novembre del 1970, a 45 anni, insieme ai quattro più fidati membri del Tate no Kai, occupa l'ufficio del generale Mashita. Dal balcone dell'ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, giornali e televisioni, tenne il suo ultimo discorso: l'esaltazione dello spirito del Giappone, identificato con l'Imperatore e la condanna secondo Mishima, alla democrazia e all'occidentalizzazione del sentimento nazionale giapponese.
Rientrato nell'ufficio si tolse la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi il ventre e facendosi poi decapitare. Insieme a lui si toglie la vita il suo più fidato amico e discepolo, Masakatsu Morita il quale fu presumibilmente anche suo amante. Dopo aver sbagliato il colpo di grazia, previsto dal rito tradizionale, per ben due volte, lo scrittore venne finito da un altro compagno, Hiroyasu Koga, e Morita si trafisse a sua volta per la vergogna. I tre sopravvissuti si consegnarono alla giustizia e vennero condannati a quattro anni di prigione per l'occupazione del ministero. Con questo gesto suggellò la conclusione insieme della sua vita e della sua vicenda letteraria: poco prima del suo suicidio aveva infatti consegnato all'editore l'ultima parte della tetralogia: Il mare della fertilità.